La cercatrice di conchiglie, come la vita, insegue nei variegati minerali che i molluschi stillano dalle acque marine, per proteggere la loro molle natura, forme e colori che incarnano colori e forme dei sogni, e indaga il senso dell’esistenza raccogliendo illusioni… ma dei suoi misteri nascosti il mare non porge che spiragli di luce riflessa e mediata, che lo sguardo della vita non può penetrare. Pure la cercatrice vive la sua trasognata aurora, ridendo di giovinezza, spensierata e gaia, mentre ai più, ancora immersi nel sonno, sfuggono le splendide tele del mattino.

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La cercatrice di conchiglie

…dall’angolo dell’ombra e del riflesso
che guardi, e non esiste, dove cede
mentre protende al fragile convesso
il passo come sogna e come crede…

si muove e sembra il vento nella vela
che dà più corso al senso che la porta,
ma dove l’acqua il fondo non rivela
e qualunque speranza è sempre corta… [1]

si muove e cerca il raggio o la spirale,
o la lucida valva che risplende
mentre la bagna l’onda che risale,
e poi spegne la luce che dipende…

la vita, o la fanciulla che le presta
il corpo, la freschezza e come coglie
lo sguardo spensierato della festa
che ride con il giorno delle foglie. [2]

Il mare scosso intreccia e riconosce
gli archi di spuma per tremare al bordo,
ma nel fermento i suoni disconosce
e li rovescia tutti in un accordo. [3]

Quando cambia colore agli scenari
e le quinte rigira l’altro vento,
sull’arenile gli occhi sono rari…
saranno molti quando il fuoco è spento. [4]

Amato Maria Bernabei


[1] Sul velo d’acqua della battigia, dove l’ombra di una delicata figura femminile che cerca conchiglie (il soggetto è nella quarta strofa) forma un angolo con il suo riflesso, angolo visibile, ma inesistente (che guardi, e non esiste), proprio dove i piedi della fanciulla (il passo) affondano nella sabbia mentre lei si protende verso la convessità di una fragile conchiglia, con l’impeto dei suoi sogni e delle sue illusioni (come sogna e come crede), la vita (la fanciulla) si muove, e con il suo slancio sembra quasi il vento che entra nelle vele, dando una spinta più energica (dando più corso) nella direzione in cui essa “naviga” (al senso che la porta; nella parola “senso” c’è però anche l’accezione di “significato”), dove tuttavia il mare profondo non lascia trasparire i fondali (la verità esistenziale) e dove quindi ogni speranza, ogni chimera ha sempre la vista insufficiente ed un tempo limitato di fronte a sé (è sempre corta).
[2] La vita (la fanciulla) si muove in cerca di un guscio rigato, a raggi, o a forma di spirale, o di una valva levigata e luminosa, che risplende però solo finché l’onda, che torna a risalire sulla sponda, la bagna e che diviene opaca quando l’acqua, da cui dipende la sua luminosità, si asciuga (e poi spegne la luce che dipende). Così dunque si muove la cercatrice di conchiglie, la vita, o la fanciulla che presta alla vita l’apparenza, la sua freschezza e il modo di cogliere la realtà (e come coglie) del suo sguardo spensierato e festoso, che ride come può soltanto la giovinezza (il giorno delle foglie, la breve durata delle foglie verdi).
[3] Intanto il mare agitato intreccia le onde spumose disposte in archi, tutti ben visibili, protese a depositare sulla riva (al bordo) la schiuma, che tremerà al vento scomponendosi; nel fermento ondoso, tuttavia, non è più possibile distinguere i singoli suoni delle ondate (nel fermento i suoni disconosce: il mare è soggetto), che l’acqua rovescia tutti insieme, confondendoli in un fragore unico (in un accordo).
[4] Quando il vento che porta il giorno (ma l’altro vento è quello insolito, quello dei sogni, quello per pochi) rigira le quinte degli scenari e porta i colori, gli occhi che guardano e possono godere sono pochi (all’aurora la spiaggia è quasi deserta): saranno molti solo quando il fuoco, il colore del sorgere (che qui rappresenta anche il sogno, l’illusione) sarà spento, svanito.

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