4 milioni per 10 Precetti: il mercante nel tempio, o Simon Mago…
“Tempo verrà in cui gli uomini non sopporteranno più la sana dottrina; ma, avidi di ciò che può solleticare le orecchie, si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole” (2Tm 4,3-8).
La “bis-trattazione” del Sesto Comandamento è la chiave più limpida delle intenzioni dell’esegeta-comico che, benevolentiā captā con i grani d’incenso, perfino mal versati nel turibolo, della prima serata, serve poi le peggiori vivande a tutte le menti ubriacate dagli otri verbali svuotati sulla mensa (e vuoti anche da pieni), imponendo la sua eretica ed erotica visione di un cristianesimo senza nemmeno immortalità (“Saltate dentro l’esistenza ora, qui, perché se non trovate niente ora non troverete niente mai più, è qui l’eternità…”).
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Roberto Benigni: la conversione… in Euro!
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VI Comandamento
Trascrizione quasi integrale della “trattazione” di Benigni
e relativo Commento
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Non commettere adulterio. Qui la Chiesa non ha cambiato solo la numerazione, ha cambiato anche il testo […] il comandamento lo hanno trasformato in “non commettere atti impuri”… sempre a che vedere con il sesso, no? Oppure era “non fornicare”.
Sul Sesto Comandamento Benigni sbriglia tutto il suo “disinvolto modernismo” [1], con attacchi per nulla velati alla Chiesa, che accusa di mistificazione e di gravi responsabilità morali e sociali; Chiesa che, per ricambiare l’impostazione polemica, irriverente e permissiva del comico, inspiegabilmente e superficialmente (per eufemismo), approva ed elogia la sua “esegesi”!
L’attacco si materializza già nell’avvio: la Chiesa ha manipolato il testo sacro ed ha presentato il Comandamento in una forma che ne cambia la sostanza.
Ah, ah, no, dico… non fornicare… ah, ah, ah… Roba che in gente s’è impazzita! Io da ragazzo ho detto, ah, ah, e chi è questo non formicare, non fornicare [2], e che vuol dire? Non si è mai capita, era una cosa strana. Siccome si sapeva che in questo Comandamento c’era il sesso di mezzo, quand’ero ragazzo, quando c’era non fornicare pensavo che c’entrasse il forno, toh! Dicevo, ma dico ma che c’entra il forno col sesso? Sarà non fare all’amore accanto al forno, sopra il forno, chissà… Oppure le formiche… non formicare… ho detto ma… ma che c’entra le formiche col sesso?! Oppure dico non guardare le formiche, ah, un mistero! Addirittura anche il tavolo di formica, formicare… no, l’avevo provate tutte, dico, ma che… pensavo anche avessero sbagliato a scrivere, no? oppure avessero usato una parola che non significava niente, tipo non slombidare, non sviringare, che… una parola ‘nventata. Questo non fornicare m’ha mandato al manicomio a me. (ascolta)
Benigni ride e irride…
Ma già: è un comico. Sicché non bisogna criticarlo. Non è a un comico, però, che si conferiscono nove Lauree onorifiche (in Lettere, in Filosofia, in Psicologia, in Filologia…); non è un comico che viene candidato al Nobel per la Letteratura; non è un comico che si chiama a presentare un libro del papa… Dunque vuol dire che Benigni viene preso sul serio per tributargli plauso, onori, riconoscimenti, ed è da scusare perché è un giullare quando ammucchia strafalcioni di ogni genere in tutti i suoi “show culturali”! Davvero un perverso controsenso.
Sta di fatto che l’Aretino può permettersi di tutto, strapagato e strastimato!
Ed io che sto qui a criticarlo vengo considerato un povero ignorante che non riesce a capire il valore e le meritevoli azioni di questo “genio italico”, unico esemplare di cervello non in fuga, ben pasciuto profeta in patria… a dispetto di Giovanni 4,44…!
Da parte sua la Chiesa, affetta da profondo masochismo, ringrazia chi di lei ride: bastano poche parole di sintonia per cancellare un mare di fango! In fondo Benigni ha detto “che le Tavole della legge sono il più grande regalo per l’umanità, che sono la via della libertà per l’uomo” (Lettera a Benigni di Franco Agostinelli, vescovo di Prato). Una carezza può anche coprire mille sputi!
Insomma, questo Comandamento è stato cambiato da “non commettere adulterio” a “non commettere atti impuri” dalla Chiesa da più di quattro secoli. E nella spiegazione la Chiesa diceva così: che il Comandamento “non commettere atti impuri” è composto da due parti, una che vieta l’adulterio, come l’originale dell’Esodo, e un’altra che impone la castità dell’anima e del corpo.
“Il Catechismo della Chiesa Cattolica ha esteso il comandamento di non commettere adulterio nei termini di non commettere atti impuri per disciplinare e illuminare tutti i rapporti interpersonali. L’operazione non è errata perché il matrimonio, nella Bibbia, è la figura simbolica di tutte le relazioni interpersonali, dei loro splendori e delle loro miserie” (Padre Edoardo Scognamiglio).
«Quanto, poi, all’accusa rivolta da Benigni alla Chiesa cattolica di aver “manomesso” il sesto comandamento, sostituendo il divieto di “non commettere adulterio” con quello di “non commettere atti impuri”, basta leggere il testo ufficiale del Catechismo della Chiesa cattolica, sopra richiamato, per convincersi del contrario. Al capitolo secondo, pag. 570, Articolo 6, al titolo “Il sesto comandamento” segue l’indicazione del suo contenuto: “Non commettere adulterio (Es 20,14; Dt 5,18)”; nelle numerose pagine di commento che seguono, il termine “atto impuro” non ricorre mai. In dette pagine, il comandamento in questione viene proposto, alla luce della Nuova Legge evangelica che, come detto nella premessa, ne rivela il pieno senso, aggiungendo, pertanto, oltre alle ipotesi di rapporti sopra richiamate, anche le altre che obbiettivamente escludano il fine naturale della procreazione, come la masturbazione e l’omosessualità. Nulla cambia od aggiunge, poi, il fatto che, nella formula catechistica, il complesso di tali atti venga, sinteticamente, qualificato come “atti impuri”.
Per completezza, anche perché Benigni dimostra chiaramente di preferire, nel commentare i dieci comandamenti, di riferirsi ai sacri testi dell’Antico Testamento, anziché a quelli del Nuovo, basti richiamarsi a quanto previsto nel Levitico, testo che segue quello dell’Esodo e che viene indicato quale testo esclusivamente legislativo, soprattutto in tema di “purità ed impurità”. Ebbene, in tale libro sacro (15, 19) vengono esplicitamente qualificati “impuri”: “la donna e l’uomo che abbiano avuto un rapporto con dispersione seminale” ed, inoltre, viene stabilito il divieto “a mangiare le cose sante” a chi “abbia avuto una dispersione seminale” (22, 4), con ciò chiaramente condannando gli atti sessuali che non siano obbiettivamente idonei alla procreazione» (Federico).
Da tener presente la nota del Cardinale Gianfranco Ravasi, riguardo alla quale nutro tuttavia qualche perplessità quando Sua Eminenza scrive: “Noi sappiamo che la Rivelazione biblica non è una sequenza di perfetti teoremi teologici ma è “incarnata” nella storia e, quindi, ha una sua evoluzione verso mete più alte”. Io non riesco, purtroppo, a concepire un’etica divina legata alla storia, in questo caso un Dio che usa due “giustizie” diverse nei confronti del maschio e della femmina che compongono la coppia, per “adeguarsi” all’epoca, in vista di future “evoluzioni” della conoscenza umana, ma mi rendo conto che una posizione del genere finisce per porre in discussione la Bibbia come rivelazione, o addirittura gli attributi divini di Jahvè! Del resto mi tornano in mente anche gl’insegnamenti del Manzoni, che “alla storia come prodotto della natura umana, e dunque come serie di errori e di colpe, contrappone un valore fisso e universale, sottratto al relativismo storico: il valore della morale cattolica” (link).
Eh… la castità! La castità, che come sapete è quella virtù che i preti si tramandano di padre in figlio, no, insomma… La castità può essere una grande virtù se praticata con moderazione, insomma. (ascolta)
L’esegeta-comico generalizza, dichiarando con sottile sarcasmo che i preti sono tutti lussuriosi; poi aggiunge che la castità “va praticata con moderazione”. Il pubblico ride ed applaude, la Chiesa e i suoi princìpi sono alla berlina. Possono confermare la loro soddisfazione i vari Monsignor Fisichella, Padre Lombardi, l’Arcivescovo di Chieti e teologo Bruno Forte, e lo stesso papa, che in vario modo hanno lodato Benigni, senza voler capire che sotto una maschera nemmeno tanto opaca, il comico è ancora quello di qualche decennio fa, quello che affermava pubblicamente che “i preti sono maialoni proprio, sono maialoni, proprio delle bestie. Omini… rospi… cavalli… tutto pigliano! Fanno all’amore, Madonna, continuamente fanno all’amore” (Prologo a Cioni Mario di fu Gaspare e Giulia, 1980 ).
Il danno prodotto dal consenso delle massime autorità della Chiesa è del tutto evidente nel passo che segue:
«Non è un caso che lo stesso Papa Francesco abbia citato Benigni, l’ultimo dell’anno, parlando di grande artista: “Diceva qualche giorno fa un grande artista italiano che per il Signore fu più facile togliere gli israeliti dall’Egitto che togliere l’Egitto dal cuore degli israeliti”. Una citazione per nulla convenzionale per spiegare che gli israeliti erano stati sì liberati materialmente dalla schiavitù, ma durante la marcia nel deserto con le varie difficoltà e con la fame cominciarono allora a provare nostalgia per l’Egitto quando mangiavano cipolle e aglio dimenticandosi però che ne mangiavano al tavolo della schiavitù. Insomma, se un Papa cita un comico per spiegare la Bibbia significa che la sua esegesi era davvero efficace, oltre che corretta». (Andrea Fagioli)
Ora quello che hanno fatto, la Chiesa, una manomissione vera e propria! Perché introduce in questo Comandamento tutti pensieri che non c’entrano niente! Il Comandamento nel nel nel testo originale dell’Esodo vieta l’adulterio, che tra poco vedremo come, ma non parla per niente di castità, né dell’anima e né del corpo. (ascolta) È una cosa che ci hanno rovinato tutti, perché, non precisando quali siano questi atti impuri da commettere, si arrivava a pensare che era un peccato gravivissimo (sic) tutto quello che riguardava il sesso in generale [pensiero protestante [3]], qualsiasi cosa che aveva a vedere co co co co col sottosopra, insomma, era peccato mortale! [4] Ma da starci male proprio! Ma non è la visione della Bibbia! (applausi) Guardate che hanno fatto diventare, con questo Comandamento, sesso e peccato sinonimi: il sesso è il peccato! Infatti se uno dice quella è la casa del peccato, non è che uno pensa che è la casa dove si dice falsa testimonianza, no? Diciamo, se si dice quella è una donna peccaminosa [5], non è che si pensa a una donna che non santifica le feste, diciamo, no? Peccato è sinonimo di sesso [5b]. Ma non commettere atti impuri alla fine, però, fermi, alla fine non commettere atti impuri purtroppo – io ve lo posso dire, ci ho esperienze personali – io ricordo quand’ero ragazzo in paese, che avevo, andavo al catechismo, questo comandamento voleva dire una cosa sola: riguardava noi ragazzi, maschi, di dodici tredici anni, solo noi, di non fare quella cosa là… era solo quello (risate, applausi). Anche poi perché guardate il caso l’età in cui si fanno quelle cose coincideva esattamente con l’età in cui si va al catechismo, dodici tredici anni, proprio là, in pieno.
Applausi scroscianti, ovviamente, liberatori: la lussuria è finalmente permessa!
Il Comandamento dev’essere interpretato alla lettera, sostiene il biblista simoniaco che commercia a caro prezzo il catechismo (si tenga presente, fra l’altro, che quello della manomissione dei Comandamenti è un ritornello protestante: “Il clero Cattolico Romano ha alterato i comandamenti!” tuonano i cristiani evangelici [6]), ottusamente trascurando che esso considera, per tutte, l’espressione più grave della lussuria, peccato condannato sempre severamente in tanti passi del testo sacro (non a caso il primo disagio di Adamo ed Eva dopo la cacciata dall’Eden fu la nudità: Gen 3,7): altro che affermare che “non è la visione della Bibbia”!
Legga Benigni degli “Amanti lussuriosi come asini, libidinosi come stalloni” (CEI, Ez 23,20; nella versione della Nuova Riveduta il comico potrebbe apprendere anche il significato di fornicare [6b]: “Si appassionò per quei fornicatori dalla carne come la carne degli asini e dal membro come il membro dei cavalli”). Legga “3 Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; 4 lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! 5 Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolàtri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio. 6 Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono.7 Non abbiate quindi niente in comune con loro. 8 Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; 9 il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. 10 Cercate ciò che è gradito al Signore, 11 e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, 12 poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare. 13 Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce” (CEI, Ef 5, 3-13). Legga “Un uomo impudico nel suo corpo non smetterà finché non lo divori il fuoco; per l’uomo impuro ogni pane è appetitoso, non si stancherà finché non muoia” (CEI, Sir 23,17). Legga “Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri” (Lettera di San Paolo ai Romani 13,12-14), oppure “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio” (Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi 4,3-5).
E legga, per tagliar corto, “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Matteo 5,8).
Benigni afferma poi: “Si arrivava a pensare che era un peccato gravivissimo (sic) tutto quello che riguardava il sesso in generale”, ma se avesse approfondito davvero la consultazione e la comprensione della Bibbia (“Io so, e ne sono persuaso nel Signore Gesù, che nulla è immondo in se stesso” – Lettera di San Paolo ai Romani 14,14) e scorso con attenzione la Sezione Seconda, Capitolo Secondo, Articolo 6 del Catechismo della Chiesa Cattolica, dove il Comandamento biblico è riferito alla lettera e mai ricorre l’espressione “atti impuri”, non avrebbe dato una lettura così distorta, per quanto si debba riconoscere l’esagerata apprensione di certo catechismo parrocchiale e di taluni confessori nei confronti di tale precetto, soprattutto nel passato. In ogni caso la Bibbia di “impurità” nell’uso del corpo parla eccome! (1 Co 6,18).
Alle esagerazioni di quei sacerdoti, Benigni sostituisce comunque le sue, che raggiungono in un sol colpo milioni di uditi estasiati: “Ci hanno rovinato tutti”!
Che guaio, povero Roberto, non aver potuto fare il segaiolo con l’imprimatur della Chiesa!
Comunque, coup de théâtre, o se preferite ‘colpo di scena’, “l’originale dell’Esodo” di cui parla Benigni pare proprio non essere quello che lui riferisce, perché l’antico testo ebraico riporta “Lo TiNe’aF”, ovvero “Non ti prostituirai”, «più letteralmente “non userai la sessualità come un oggetto”, come uno strumento per raggiungere qualche obiettivo. Insomma: quando fai l’amore, fa’ l’amore; accorgiti che il sesso è importante di per sé. […] Un’esortazione a non prostituirti mai, in nessun modo, a cominciare dal modo in cui onori il tuo vigore sessuale» (Igor Sibaldi, Qualcosa che c’è nei Dieci Comandamenti).
‘Nsomma, quelli che hanno cambiato il comandamento da non commettere adulterio a non commettere atti impuri, hanno rovinato generazioni di ragazzi, compresa la mia, compresa la mia… (fra applausi scroscianti e liberatori del pubblico)
Io me la ricordo… A me m’hanno rovinato, tutta la mia generazione, con tutti i miei amici dell’epoca ‘n paese, i miei amici me li ricordo ancora: i Monti, Valentini, Casalieri… non potete sapere i patimenti, lo sforzo, la difficoltà di resistere, perché quella è un’età in cui eeeh la pentola bolle, bisogna buttar giù la pasta, non si regge. Era quello il peccato, era tremendo, perché al catechismo ci dicevano che a Dio, proprio ce lo dicevano a noi maschi, a Dio quella cosa lì non gli piace, non la fate mai eh! Il prete ce lo diceva guardandoci negli occhi… n ma pro… Dio, quindi noi pensavamo che Dio s’era propo fissato su questa cosa, su noi, e ci stava attentissimo, che era lì, a controllare noi… ma dico ma, una paura, pensavamo che Dio era lì a controllare noi tutto il giorno ed era la cosa che… che lo preoccupava di più al mondo: fermare noi. Io e i miei amici, Monti, Valentini, Casalieri, ci si guardava sgomenti, si diceva “Ma perché Dio se l’è presa così tanto con noi, con tutto quello che c’è da fare nel mondo…?”. E il prete poi, il prete che lo sapeva sempre! Quando ci s’andava a confessare, ripeto cose che sappiamo tutti, lo sappiamo tutti che la prima cosa che diceva a noi ragazzi maschi di quell’età era subito, appena inginocchiati: “Quante volte?”. Subito. A me mi faceva un’impressione, perché io dicevo “ma come fa a saperlo?”, ma possibile che oltre a Dio che vede tutto, anche questo prete vede tutto (risate, applausi scroscianti…). Ma una cosa… tremendo! Si stava male: “Oltre a Dio che vede tutto, anche questo pretaccio tutto, vede tutto!”. Quella domanda era tremenda, perché partiva subito con “Quante volte?”. Voleva dire, tra l’altro, che il problema non era se quella cosa l’avevi fatta o no… Che l’avevi fatta era sicuro, il problema era solo capire quante volte… quel qua, quel, una vergogna! Si cercava di obbedire al Comandamento, ci si tratteneva, si cercava insomma con tutte le for…
Un esempio di prolissità ripetitiva questa arringa a difesa della masturbazione (“appassionato e torrenziale elogio” lo definisce Bruno Dente da Padova), e ad accusa del “rovinoso attentato” della Chiesa all’integrità psicofisica di “generazioni di ragazzi”! I quali, invece, non hanno nulla da temere, adesso, dai modelli traboccanti di disvalori che la trionfante società del pensiero debole e i pastori mediatici, esclusivamente “preoccupati di” ed “occupati a” gonfiare le tasche, dispensano a profusione, con dispregio di qualunque attenzione etica, preferendo modellare fantocci anziché educare uomini; società e pastori responsabili di tutte le disastrose conseguenze che sono ogni giorno sotto gli occhi e presso gli orecchi di tutti!
Il decantato giullare che straparla, improvvisato prete in clergyman senza pettorale e collarino, ma “non-prete” per chi deve scusarne la prestazione incompetente ed a tratti eretica, il comico da cui non si può pretendere che si sostituisca alla Chiesa, ma cui tuttavia è concesso di fare, del sacro, oggetto di show, di mistificazione, di derisione e di smodato profitto, conditi con qualche filo di genuino olio biblico, tanto per salvare la vivanda “inappetibile”, è l’emblema scaltro, consapevole e gaudente del declino morale e culturale non solo dei mezzi audiovisivi di propaganda del vuoto, ma di tutto il bieco sistema che avvolge e pervade l’umanità globalizzata.
Mi dispiace per te, Roberto, effimero mito di sabbia!
Non commento l’infinita litania delle sofferenze da astinenza (peraltro poco credibile) di Benigni e dei suoi amici di adolescenza, ma sento il dovere di ribattere alla stucchevole gag “quante volte?”. Non ricordo una sola volta che una confessione sia stata avviata da questa domanda (e non ne hanno memoria i miei amici, “i Monti, Valentini, Casalieri” per dirla alla Benigni) che magari in qualche caso veniva posta successivamente, al probabile scopo di rilevare l’entità della condizione di peccato. La formula iniziale di rito era semplicemente: “Da quanto tempo non ti confessi?”… ma le parabole aneddotiche, si sa, sono potenti strumenti di comunicazione (e d’imbonimento).
“Sicuramente non può Benigni, nonostante l’impegno che profonde, fare il teologo, ma da ieri sera 10 milioni di italiani hanno capito che la masturbazione non è più un peccato” scriveva Luisa Loredana Vercillo all’indomani della “straordinaria performance” televisiva del guitto nazionale.
Poi, a un certo punto, da più grande, a diciotto diciannove anni, leggendo, vengo a scoprire che questo peccato se l’erano inventato i preti, nella Bibbia non c’era, non era così, cioè non era peccato fare quelle cose, si poteva fare tutto! [7] No… Roba da fare causa alla Chiesa per i patimenti subiti! (risate, applausi scroscianti…). Ma veramente ho detto io, pensai, ma io vi faccio causa! Io vi faccio causa insieme ai miei amici, i Monti, Valentini, Casalieri, facciamo una cosa insieme, come si chiama lì, la class action, [8] una class action, voi ci dovete risarcire, no’lla potete passà lliscia, si poteva stare bene, proprio come de’ papi (battuta proprio infelice!), insomma, come dei marajà. Ma pensa te! Bah, è andata così, va.
Mistificazione sfacciata, di fronte alla quale mi meraviglio davvero che le alte sfere della Chiesa non abbiano replicato duramente e, al contrario, abbiano applaudito!!!
“Occorre ricordare che la Chiesa fonda la riflessione elaborata a partire dal testo complessivo della Scrittura, sia sul vangelo di Gesù che è arrivato dopo, sia sull’esempio di Gesù e Maria, sia sulla Tradizione dei Padri, confermate dagli esempi e rivelazioni dei Santi.
Altrimenti si cade nel protestantesimo, col principio “sola Scriptura” che porterebbe anche a riconoscere ad esempio il concubinato o altre situazioni proprie del tempo” (link).
Qualche passo biblico significativo:
3 Infatti ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, 4 perché la giustizia della legge si adempisse in noi, che non camminiamo secondo la carne ma secondo lo Spirito. 5 Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. 6 Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace. 7 Infatti i desideri della carne sono in rivolta contro Dio, perché non si sottomettono alla sua legge e neanche lo potrebbero. 8 Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio. 9 Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. 10 E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione. 11 E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. 12 Così dunque fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne per vivere secondo la carne; 13 poiché se vivete secondo la carne, voi morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito voi fate morire le opere del corpo, vivrete (Romani 8, 3-13).
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8 Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; 9 ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere (1Co 7, 8-9).
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13 …il corpo poi non è per l’impudicizia, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. 14 Dio poi, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. 15 Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò dunque le membra di Cristo e ne farò membra di una prostituta? Non sia mai! 16 O non sapete voi che chi si unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due saranno, è detto, un corpo solo. 17 Ma chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. 18 Fuggite la fornicazione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà alla fornicazione, pecca contro il proprio corpo. 19 O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? 20 Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo! (1Co 6, 13-20).
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«San Paolo, scrisse di tali rapporti e della masturbazione chiamata impurità o impudicizia:“Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio” (Gal 5,19-21);” e ancora: Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria, cose tutte che attirano l’ira di Dio su coloro che disobbediscono (Col 3,5-6). Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! Perché sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro, avrà parte del Regno di Cristo e di Dio (Ef 5,5);
“Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio” (1 Corinzi 6:9-11);
Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e di libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello perché il Signore é vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio non ci ha chiamati all’impurità ma alla santificazione. perciò chi disprezza queste norme, non disprezza un uomo ma Dio stesso… (1 tess 4, 3-8). Si può peccare, gravemente, anche col pensiero poiché “è dal cuore (considerato all’epoca sede dei sentimenti) che vengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni. Queste sono le cose che contaminano l’uomo (Matteo 15, 19-20).
Sbagliato è anche giustificare gli “atti impuri” in virtù del fatto che, ad oggi, siano all’ordine del giorno: “Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Giovanni 2, 16-17)”». (link)
Ora la Chiesa purtroppo ce l’ha sempre avuta questa cosa terribile della paura del sesso, della donna, del piacere. E poi è strano, perché nella Bibbia è l’opposto. Guardate che la sessualità nella Bibbia è vista proprio come un grande dono di Dio, è la cosa che più ci avvicina e ci accomuna a Dio [9] perché il sesso è il luogo della creazione. Pensate solo al Cantico dei Cantici, che per alcuni è stato eletto il libro più sacro della Bibbia, è tutto dedicato all’amore erotico, alla sessualità. Sono due persone, due giovani sposi che pensano solo all’amore, innamorati, un amore fresco, fedele, esclusivo, che non ha altra giustificazione che se stesso, proprio l’amore per l’amore [strano che il CCC 2351 affermi “Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso”]. È propo tutto una fioritura, la vita. Un libro proprio colmo dell’accecante bellezza del verbo amare. È il poema dell’amore sessuale, un libro bellissimo. Un grande saggio ha detto che l’universo intero non vale il giorno in cui gli uomini ebbero da Dio il Cantico dei Cantici [10], bellissimo!
[Si consiglia, per non cadere nelle esaltazioni a senso unico di Benigni, l’opuscolo di Francesco Rossi de Gasperis, “Il Cantico dei Cantici”. Interessanti anche il lavoro di Alex Faggian, “Il Canto della Vita” e, sul rapporto fra corpo e religioni, il libro di Gaspare Mura e Roberto Cipriani, “Corpo e religione”, Roma, Città Nuova Editrice, 2009].
È sempre l’uso, caro biblista-comico, che giustifica il mezzo!
Leggi, egregio sprovveduto (e tendenzioso) “arringapopolo” l’enciclica di Benedetto XVI Deus Caritas est, di cui riporto un passo ad hoc: “Oggi non di rado si rimprovera al cristianesimo del passato di esser stato avversario della corporeità; di fatto, tendenze in questo senso ci sono sempre state. Ma il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole. L’eros degradato a puro « sesso » diventa merce, una semplice « cosa » che si può comprare e vendere, anzi, l’uomo stesso diventa merce. In realtà, questo non è proprio il grande sì dell’uomo al suo corpo. Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte soltanto materiale di sé da adoperare e sfruttare con calcolo. Una parte, peraltro, che egli non vede come un ambito della sua libertà, bensì come un qualcosa che, a modo suo, tenta di rendere insieme piacevole ed innocuo. In realtà, ci troviamo di fronte ad una degradazione del corpo umano, che non è più integrato nel tutto della libertà della nostra esistenza, non è più espressione viva della totalità del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico. L’apparente esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in odio verso la corporeità. La fede cristiana, al contrario, ha considerato l’uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà. Sì, l’eros vuole sollevarci « in estasi » verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni”.
Per quanto riguarda Il Cantico dei Cantici si rammenti, prima di tutto, che “la vera origine del libro non è chiara: se l’attribuzione a Salomone può essere letta come un tributo d’onore al grande legislatore, padre della tradizione ebraica, è più probabile che il Cantico sia nato come una raccolta di diversi poemi antecedenti originari dell’area mesopotamica, unificati dal comune riferimento ad un unico tema, quello della ricerca dell’amore” (Maurizio Falghera, Il Cantico dei Cantici, Zovencedo, Il Narratore S.r.l., 2014). In secondo luogo che l’interpretazione naturalistica è quella generalmente prediletta dai protestanti (Treccani), dunque con molta probabilità dal “maestro” valdese di Benigni. Si tenga poi presente che Fu Rabbi Akiva a volere che fosse inserito nell’Antico Testamento, durante il Concilio di Javne (I secolo d.C.), attribuendo al passo un significato simbolico (per gli Ebrei amore di Dio per il suo popolo, per i Cristiani amore di Cristo per la Chiesa). Questa la sua giustificazione: “Il mondo intero non è degno del giorno in cui il Cantico dei Cantici è stato donato a Israele: tutte le Scritture infatti sono sante, ma il Cantico dei Cantici è il Santo dei Santi!”
«L’erotismo attiene a ciò che si nasconde e al tempo stesso si rivela, alla presenza nell’assenza. Il Cantico dei Cantici ma anche tutta la Torà sono permeati da tale dualità che sicuramente seduce il pensiero e genera ermeneutica. “Aggiungere è sottrarre”, recita un detto talmudico. L’erotismo in generale e quello del Cantico in particolare, dovrebbe acuire la nostra capacità di comprendere simbolicamente. Per l’appunto, il vestito coprente e aderente che nasconde e rivela, simbolo per eccellenza dell’erotismo e quindi di ciò che è relazione, si dice in ebraico ‘simlà’, il cui etimo omofonico ‘semel’ significa ‘simbolo’» (Baharier Haim, pensatore e studioso di ermeneutica biblica).
“Nel Cantico si narra l’amore umano, si celebra il piacere umano accessibile a tutti, o meglio a chiunque sappia amare con consapevolezza” (Enzo Bianchi).
In ogni caso non è da mettere in discussione, nella tradizione cattolica, «una visione dualistica della sessualità, ereditata dal mondo greco, in particolare dal platonismo. Per questo disprezzo della sessualità si è voluto cancellare ogni riferimento alla fisicità presente nel Cantico: purtroppo si è scelto di considerare il testo solo in chiave simbolica, negando il grande valore umano che esso contiene. In sintesi, occorrerebbe saper tenere insieme queste due dimensioni, come ha scritto con intelligenza il card. Ravasi, in un suo commento al Cantico: “L’amore umano pieno, dove corporeità ed eros sono già linguaggio di comunione, giunge di sua natura a dire il mistero dell’amore che tende all’infinito e può raggiungere la realtà trascendente e divina”» (Enzo Bianchi).
Non sembra proprio che Benigni abbia mirato a dire queste cose, quando afferma che l’amore degli sposi del Cantico è fine a se stesso.
Papa Roberto I, Sua Santità Benigni da Misericordia
Ma veniamo ora al nostro Comandamento. Allora “non commettere adulterio”. Questo è il Comandamento che nasce in un modo che lo vedremo fra poco. Poi il Comandamento, non commettere adulterio, ripeto, si è evoluto fino a significare quello che intendiamo oggi, e cioè vuol dire che non si possono avere rapporti sessuali fuori dal matrimonio. Voi mi direte “ma è ancora valido?”, sì, è valido, sta nei Dieci Comandamenti, tra le dieci parole di Dio […] “Non commettere adulterio” non è più sentito come fondamentale. Diciamo oggi la lussuria non è più un peccato, è una statistica, diciamo. Questo Comandamento ha avuto sì un’influenza enorme, incalcolabile sulla nostra civiltà, però uno può dire è come se avesse esaurito il suo compito. Insomma, le cose son cambiate: la legge, per esempio, ha depenalizzato l’adulterio, non è più un reato. Nessuno più pensa che sia una cosa grave. […] Oggi per fare un matrimonio felice in genere ci vogliono più di due persone. […] Quando due persone che stanno insieme da tanto tempo poi improvvisamente si lasciano, di solito la colpa è di tutti e tre.
In relazione a Benigni, una volta tanto diamo ragione a Dario Fo: “Ultimamente mi ha sorpreso questa facilità a mettersi in condizione di non più poterlo seguire, perché dice, stradice un concetto e poi lo brucia, e poi lo contanima (sic), ti mette in imbarazzo, perché conoscendolo dall’origine è molto cambiato… soprattutto è spietato verso se stesso, perché annulla quello che ha fatto per anni… Si adatta al meglio che gli può produrre un atteggiamento o una definizione politica o sociale” (Reputescion, 18 Febbraio 2016). Si adatta, preciserei, a quello che meglio può procurargli milioni di Euro! E fa il trasformista, incurante della propria incompetenza, consapevole dell’altrui sprovvedutezza, forte del fatto che, avendo acquisito consenso popolare e potere, avrà dalla sua parte i cortigiani, gl’incensatori, i manutengoli, in qualunque ambito vorrà muoversi. Perfino la Chiesa, di fronte a una prestazione subdola, trasgressiva ed aggressiva, si è inchinata al maligno manipolatore di coscienze nelle vesti di un traviato convertito, maschera efficace per celare l’astuto, insaziabile “eurovoro” [11] all’assalto dei suoi secolari princìpi.
Divoratore che inventa qui “l’evoluzione dei Comandamenti”! Come se Dio avesse cambiato opinione o se un precetto eterno potesse subire un processo di trasformazione della sua sostanza! Sappiamo tuttavia che il nostro “biblista” è un maestro dell’improprietà e della confusione e che dunque intende dire, probabilmente, che del Sesto Comandamento è cambiata l’interpretazione. Egli sottolinea la cosa con battute e considerazioni cui sembra dare più peso del semplice motto di spirito, che paiono più giustificative che critiche, sollevando una partecipazione complice del pubblico: considera l’adulterio come fenomeno così diffuso da dover essere considerato nei numeri più che nella sua natura di deviazione, ne vela il carattere di peccato, rimarca l’indebolimento del valore del vincolo coniugale, alludendo alla felicità di coppia come risultato della pratica del tradimento, sottolinea, infine, la depenalizzazione della sleale pratica.
Vediamo come nasce il Comandamento. In origine non commettere adulterio si rivolgeva solo all’uomo e vietava di avere un rapporto sessuale con una donna sposata. Con questo Comandamento siamo dentro, come più non si può, alla parola più importante e più ripetuta della Bibbia, la parola generazioni [la parola ricorre 57 volte, ma tanto per confutare questa stupidaggine dirò che già la parola “morte” s’incontra 549 volte, “Dio” 5002 e “Signore” 8205!]. La parola generazioni! Voi vi ricordate, no? tutte le genealogie dell’Antico Testamento… Il mondo futuro nella Bibbia non è l’Aldilà, è questo, è il mondo che sta venendo, ci dice come vivere in eterno di qua, ci dice vivrai e con te vivrà la tua discendenza, se sai che è tua: eccolo il Comandamento! Stabilisce una responsabilità, dice “tu sei responsabile dell’eternità della tua discendenza”. Nell’adulterio c’è il piacere del corpo, ma c’è un’assenza di responsabilità totale, soprattutto per i figli. Poi a quell’epoca! Guardate che anche questo è stato un Comandamento rivoluzionario! Perché? Perché mette delle regole su delle cose per l’epoca inaudite! Regolamenta la famiglia, la coppia, il matrimonio, i diritti dell’uomo e della donna, ma tremila e cinquecento anni fa! [Proprio un’idiozia riferita a Dio, che tremilacinquecento anni fa sarebbe stato così lungimirante!…] Ma pensate un po’… è inaudito questo Comandamento. Guardate che allora non esistevano nemmeno matrimoni per amore, era tutto deciso dalla famiglia. Guardate che non c’era nessuna legge da nessuna parte del mondo su queste cose.
A me quest’analisi sembra balorda, oltre che imprecisa e farraginosa.
Rivolgiamoci a una fonte più attendibile: «Non commetterai adulterio» (Dt 5,18). Per determinare il senso esatto e I’ambito di questo comandamento, bisogna riferirsi alla situazione sociologica dell’antico Israele, che praticava la poligamia e dove la donna sposata era considerata in certo senso come proprietà del marito. Nella legge di Mosè non c’era niente che proibisse formalmente all’uomo le relazioni con donne non sposate o con schiave. Le relazioni extraconiugali non costituivano adulterio, giacché il marito poteva sempre, grazie alla poligamia, prendere come seconda moglie quella con la quale aveva tenuto relazioni.
La situazione della sposa era molto differente. Non potendo avere più di un marito e stando sotto il dominio del suo, qualunque relazione sessuale extraconiugale la convertiva subito in adultera. Tale era lo stato della donna, sebbene non quello dell’uomo, che decideva se c’era stato o no adulterio.
L’uomo non poteva essere adultero altro che in relazione al marito o al promesso, la cui sposa o promessa avesse sedotto. Non era adultero altro che se rompeva il matrimonio o gli sponsali di un altro. La donna era adultera quando rompeva il proprio matrimonio o i propri sponsali. La proibizione mirava dunque a che si rispettassero i diritti dei mariti o dei promessi: “Quando un uomo verrà trovato a giacere con una donna maritata, tutti e due dovranno morire: l’uomo che è giaciuto con la donna e la donna. Cosi estirperai il male da Israele. Quando una fanciulla vergine e fidanzata e un uomo, trovandola in città, giace con lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete a morte: la fanciulla, perché, essendo in città, non ha gridato, e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo” (Dt 22, 22-24).
All’inizio solo dentro questi limiti si considerava proibito l’adulterio dal Decalogo. Tuttavia, se si tengono in conto altre prescrizioni del Deuteronomio, sembra che si possa dare al comandamento una maggiore estensione. Effettivamente l’uomo che aveva sedotto una giovane vergine non promessa doveva sposarsi subito con essa e soddisfare un indennizzo al padre della giovane, i cui diritti aveva danneggiato (Dt 22, 28). La giovane che accettava di sposarsi dichiarandosi vergine, ma che aveva avuto proprio relazioni sessuali, restava soggetta alla lapidazione (Dt 22, 20-22). Queste prescrizioni ci permettono di concludere che il sesto comandamento proibiva ogni relazione sessuale che implicasse una ingiustizia verso qualunque delle persone compromesse.
In Israele prima di tutto I’adulterio fu considerato come attentato contro la legge di Yahve, dato che nessun aspetto della vita del popolo restava sottratto alla volontà di Yahve: “Osservate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi santifica. Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte (Lv 20, 8.10; Dt 22, 22-27)”». (link)
Vorrei soffermarmi sull’enfasi delle caratteristiche rivoluzionarie di certe “intuizioni” divine. Io sono convinto, detto sinteticamente, che se si limitano il pensiero e il volere di un Dio come quello dei Cristiani alle contingenze dei tempi storici, si mettono in discussione le stesse qualità della sua intelligenza acronica, legata cioè ad un “presente atemporale” (non commettere adulterio, onora il padre e la madre), non condizionato dalle epoche e dai relativi costumi, ma solo vincolato a principi universali eternamente validi. Naturalmente nessuno vieta di credere il contrario e di mettere in dubbio perfino la trascendenza, visto che in realtà nella Bibbia gli ordini divini sono spesso in contraddizione con l’etica che attribuiamo ai Comandamenti (cfr. ad esempio Es 21, 1-25); però se, come appare, la visione cristiana di Benigni non è ortodossa, si sarebbe dovuto vietare all’arraffone (ed arruffone) toscano di fare il pubblico catechista, né le alte sfere vaticane avrebbero dovuto tributargli consenso e onore.
Si consideri poi la categorica, infondata affermazione del comico “non c’era nessuna legge da nessuna parte del mondo su queste cose“: una delle false enfasi che egli usa a vantaggio dell’imbonimento e dello spettacolo! Chissà perché già il Codice di Hammurabi, precedente alla consegna del Decalogo (cfr. nota 35 a questo link), puniva l’adulterio con la morte (Albert Abou Abdallah e Roberto Sorgo, Religioni ieri e oggi, Milano, Franco Angeli 2001, p. 42); per di più, oltre mille anni prima delle leggi mosaiche, presso gli antichi Egizi, certamente vigevano regole di disciplina del rapporto coniugale: “L’amore coniugale e la reciproca fedeltà ricoprono un ruolo fondamentale nella morale sociale egiziana in misura maggiore rispetto ad una qualunque altra civiltà antica. La felicità familiare può essere raggiunta solo con la concordia coniugale. La dea Iside, in quanto sposa e madre, era la divinità protettrice della famiglia” (Giuliana Mallei).
Gli uomini prendevano le donne con la forza, spesso, specie di notte, accadeva normalissimamente: le mettevano incinte e le abbandonavano, e venivano punite spesso le donne. Non c’erano leggi, le donne erano sole, lasciate completamente a se stesse. C’era molta, ma molta violenza, e fu difficilissimo introdurre questo Comandamento, il popolo non lo voleva: “Via, via questo, via!”, facevano così, non lo voleva il popolo, perché bloccava questi istinti carnali, questi soprusi degli uomini sulle donne basati sulla forza, e gli uomini li volevano mantenere questi soprusi, quindi urlavano “Noo, questo no, questo no!”. Ma veramente era così!
Che c’entra questo discorso con l’adulterio? Qui si tratta di stupro, violenza ancor oggi molto diffusa e di cui Benigni si è guardato bene dal parlare!
Quella del popolo che non voleva certi comandamenti è poi solo una favoletta che il catechista-comico spaccia per vera: «In una celebre storiella si descrive Mosè mentre scende dal Monte Sinai sotto il peso di due enormi tavole della legge. “D. mi ha incaricato di darVi i Comandamenti. Sono 50 in tutto”. Il popolo protesta per il gran numero e sotto il peso, questa volta, della contestazione, Mosè accetta di risalire sul monte per trattare con D. Dopo qualche tempo il popolo lo rivede scendere dal monte. “Sono riuscito ad ottenere una riduzione dei Comandamenti a dieci soltanto. Ma quanto all’adulterio – riferisce scuotendo il capo – non c’è stato nulla da fare”» (Rabbino Alberto Moshe Somekh).
Poi abbiamo detto che il Comandamento si è evoluto, no? Si è allargato e continua a farlo. E continuiamo a farlo noi stasera, ma qual è, se lo volessimo definire, il senso profondo di questo Comandamento? Guardate, il senso profondo del Comandamento non è proteggere il matrimonio, dice non commettere adulterio, non è proteggere il matrimonio e proteggere la famiglia – diciamo, c’è anche questo -, però non è questo il senso più profondo: il senso ultimo del Comandamento è proteggere l’amore, che ce n’ha un bisogno d’esse protetto l’amore! Ma quanto ce n’ha bisogno, non possiamo sapere (applausi, immancabili quando Benigni si abbandona a sentimentalismi del genere traditi dal tono). Ma guarda, guarda… Vuole, questo Comandamento, proteggere l’amore, ma più precisamente questo Comandamento vuole proteggere una qualità particolare dell’amore che è la fedeltà, eccola la parola! L’abbiamo detta, è una parola molto fuori moda, un po’ fuori moda, ma mo… però una bella parola e noi l’abbiamo detta, lascia fait (?) Fedeltà! Il Comandamento dice di non separare l’amore dalla fedeltà, di essere fedeli, che non è un obbligo, per carità, dev’essere un desiderio: se non c’è, non c’è, non ti dice niente nessuno! Però essere fedeli significa prima di tutto stabilire un patto che è il senso di tutta la Bibbia, c’è tutta la Bibbia in questo Comandamento. La Bibbia è la storia di un’Alleanza, è una storia d’amore, è un fidanzamento! È un patto di fedeltà fra Dio e gli uomini. E Dio non lo ha mai spezzato, non ha mai lasciato la presa, Dio! Ma vi dirò di più. In questo Comandamento si nasconde anche il nome di Dio, c’è il Suo nome dentro. Vi ricordate quando dà il nome? Quando dice io sono colui che sono, cioè io ci sono, io ci sarò, e la fedeltà tra due persone che si amano ma che cos’è? Fedeltà vuol dire che qualsiasi cosa accada nella tua vita o nella mia, io comunque ti sarò sempre vicino, sarò sempre con te, io ci sarò. Eccolo il senso profondo, ultimo, di questo Comandamento: non tradire chi hai detto di amare, non, non violare il legame che ci unisce. È un Comandamento che si rivolge all’uomo, però è dedicato alla donna.
Di nuovo il concetto balordo dell’evoluzione delle prescrizioni divine, che sembrano valere più nel modo di tenerne conto che nella loro sostanza. Così l’ultima “evoluzione” è quella che “l’accreditato” Benigni propone (continuiamo a farlo noi stasera), attraverso un’ermeneutica riduttiva che sa tanto di eterodossia!
Il Comandamento dunque “si è evoluto” nel significato esclusivo di esigere la fedeltà coniugale… per quanto la parola fedeltà sia “molto fuori moda”… Una delle solite incongruenze logiche di Benigni: come può essere la fedeltà l’ultimo approdo esegetico e contemporaneamente essere fuori moda?… Magari finisse qua! Di colpo il Comandamento diventa non un ordine, ma un invito condizionato dal desiderio di chi lo riceve: la fedeltà non è un obbligo! ”Se non c’è nessuno ti dice niente”… Dunque non è nemmeno peccato violarla!? Eppure Benigni sta per dire che nel Sesto Comandamento c’è tutta la Bibbia! (L’affermazione non è chiarita, ma fa evidentemente perno sul concetto di Alleanza, termine che nel libro sacro è presente ben 326 volte!).
Siamo davvero al paradosso!
Quando Benigni parla di amore, non si sa mai in che accezione vi alluda e verso quali sbocchi si diriga!
Tornando alla fedeltà, il comico sostiene che essa consiste nell’essere sempre vicini al coniuge “qualsiasi cosa accada nella tua vita o nella mia”: ora “questo tipo di fedeltà” non esclude la possibilità dell’adulterio (qualsiasi cosa accada). Per di più, nel senso riduttivo del precetto come lo intende il catechista-comico, non vengono presi in considerazione tutti gli aspetti che il divieto divino implica e che possono essere ricavati dall’attenta lettura della Bibbia.
Sembra campata in aria, infine, la tesi che, nel Sesto Comandamento in particolare, si nasconda il nome di Dio [12]; come si rivela incongruente, data l’interpretazione ad litteram del Comandamento, l’affermazione che questo sarebbe rivolto all’uomo e dedicato alla donna. Asserzione che peraltro fa riemergere l’interrogativo: può un Comandamento di Dio, eterno ed onnisciente, non trascendere le epoche, i loro costumi, le loro ignoranze, considerare addirittura disuguali di fronte a doveri e diritti l’uomo e la donna, non suscitando dubbi sulla Sua bontà e sulla Sua giustizia infinite, sulla Sua stessa onniscienza, sulla Sua dimensione svincolata, come si diceva, dal tempo, e dunque dalla storia?
E hanno fatto un commento, il commento forse più bello a questo Comandamento lo hanno scritto in un grande libro antico che si chiama Talmūd, e lo hanno scritto con parole così belle che ve le leggo perché non le voglio sbagliare. Sentite: “State molto attenti a far piangere una donna, perché Dio conta le sue lacrime. La donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai piedi perché dovesse essere calpestata, né dalla testa, per essere superiore, ma dal fianco, per essere uguale, un po’ più in basso del braccio per essere protetta, dal lato del cuore per essere amata”.
Parole molto belle quelle citate, ma forse più adatte a preparare l’applauso che a chiudere la “bis-trattazione” del Sesto Comandamento ridotta alla semplice, blanda condanna dell’adulterio e ad una non appassionata esortazione alla fedeltà, che se non c’è nessuno ti dice niente! Se mi è permesso, in tempi in cui si reclama parità di diritti e di doveri, anche l’uomo può essere tradito, anche l’uomo può essere vittima dell’adulterio della compagna, tanto che, per compensare lo sbilanciamento operato da Benigni, io direi: “State molto attente a far piangere un uomo, perché Dio conta le sue lacrime!”.
………… (la colpa delle colpe taciute…)
Anche a proposito del VI Comandamento, le omissioni del biblista-comico sono state rilevanti, sia per la natura di “catechista” improvvisato e fornito di paraocchi, sia per il timore di “urtare la sensibilità di alcuni settori della società”, sia per la sua scarsa onestà intellettuale che, calcando la mano sugli “errori” della catechesi ecclesiastica, non ha minimamente alluso alle posizioni più moderne e recenti assunte dalla Chiesa riguardo ai temi del corpo, dell’amore e della sessualità (cfr. Orientamenti educativi sull’amore umano della Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica; Teologia del corpo di Giovanni Paolo II; Catechismo della Chiesa Cattolica).
La riduzione del Sesto Comandamento, il solo che si riferisca al tema della morale sessuale, all’obbligo [?] di fedeltà coniugale, ha permesso a Benigni di lasciare “esclusi e, quindi, al di fuori di ogni giudizio, matrimonio civile, separazione, divorzio, e fenomeni da chiunque condannati, come, per esempio, la prostituzione, la pedofilia, lo stupro, la pornografia ecc., senza considerare l’aberrante conseguenza» che risulterebbe consentito il “libero amore” da parte di chi non abbia vincoli matrimoniali (BastaBugie.it, 2 gennaio 2015, Giano Colli, Lettere alla redazione: Benigni stravolge i comandamenti
(http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3564).
Ad essere fedele a quanto la Bibbia prescrive “alla lettera”, l’esegeta-comico avrebbe dovuto trattare come peccato anche l’omosessualità (Gn 19, 1-29; Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 9-10; 1 Tm 1, 10), magari attenuando la condanna attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica, che così elenca Le offese alla castità:
2351 La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione.
2352 Per masturbazione si deve intendere l’eccitazione volontaria degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo. « Sia il Magistero della Chiesa – nella linea di una tradizione costante – sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato ». « Qualunque ne sia il motivo, l’uso deliberato della facoltà sessuale al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice essenzialmente la sua finalità ». Il godimento sessuale vi è ricercato al di fuori della « relazione sessuale richiesta dall’ordine morale, quella che realizza, in un contesto di vero amore, l’integro senso della mutua donazione e della procreazione umana ». Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per orientare l’azione pastorale, si terrà conto dell’immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d’angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale.
2353 La fornicazione è l’unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all’educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.
2354 La pornografia consiste nel sottrarre all’intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l’atto coniugale, dono intimo e reciproco degli sposi. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l’uno diventa per l’altro oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell’illusione di un mondo irreale. È una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici.
2355 La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo. 237 La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l’imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale.
2356 Lo stupro indica l’entrata con forza, mediante violenza, nell’intimità sessuale di una persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro lede profondamente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all’integrità fisica e morale. Arreca un grave danno, che può segnare la vittima per tutta la vita. È sempre un atto intrinsecamente cattivo. Ancora più grave è lo stupro commesso da parte di parenti stretti (incesto) o di educatori ai danni degli allievi che sono loro affidati.
2357 L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
«Benigni ha la strana idea che ci sia una “purezza originaria” dei comandamenti che è poi stata alterata dalla Chiesa. Non gli passa per la mente che dopo Mosè è venuto Gesù Cristo. […]
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
“Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli” (Matteo 5, 17-20) […].
Benigni ha cercato di riportarci a un sesto comandamento minimale, degno degli scribi e dei farisei.
Gesù invece ci ha chiesto ben altro» (Giovanni Lazzaretti).
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TRATTAZIONE COMPLETA DEI 10 COMANDAMENTI DI BENIGNI
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NOTE
[1] Tendenza all’adeguazione o alla conciliazione con idee ed esigenze proprie delle fasi più avanzate del progresso, spec. sul piano religioso, sociale e culturale │ Modernismo cattolico, movimento di rinnovamento del cattolicesimo, sorto alla fine del sec. XIX, che mirava ad accordare i dati centrali della rivelazione neotestamentaria con le correnti filosofiche (m. religioso) e sociali (m. sociale o politico) del momento; fu condannato come eretico da papa Pio X nel 1907 (Devoto).
[2] Dal lat. tardo fornicare, derivato di fornix -ĭcis ‘arco, volta’, passato poi a significare ‘dimora di donne pubbliche, bordello’ (Devoto).
[3] «La Chiesa cattolica obsexa fino alla cattiveria, trasforma tutto ciò che riguarda la sessualità umana in qualcosa di orribile» (La repressiva morale sessuale ufficiale della Chiesa cattolica – che oggi, fortunatamente, la stragrande maggioranza dei credenti non segue -, contrasta vivamente con la voracità sessuale di alcuni dei suoi più autorevoli “padri della Chiesa”, come sant’Agostino, con le pratiche sessuali licenziose e corrotte che per secoli hanno caratterizzato papi, vescovi e clero in generale, così come con la realtà delle pratiche sessuali del clero cattolico attuale. Al riguardo si può consultare la ricerca pubblicata in P. Rodriguez, La vida sexual del clero, cit., e la relativa bibliografia che lì si riporta».
https://spiritualrationality.wordpress.com/2007/06/15/profonde-e-deliberate-differenze-tra-i-dieci-comandamenti-della-chiesa-cattolica-e-il-decalogo-biblico-originale/.
[4] “Va sfatato un luogo comune, che ricorre talora in pubblicazioni ostili alla Chiesa e al suo insegnamento: l’idea che la Chiesa abbia manipolato nel corso dei secoli il Decalogo (lo stesso Benigni parla di “falsificazione” a proposito del sesto comandamento, trasformato, come ci ricorda, da “Non commettere adulterio” in “Non commettere atti impuri”). In realtà, la “versione” dei Comandamenti è sempre quella riportata nella Bibbia (e precisamente nei libri dell’Esodo e del Deuteronomio), anche se dal XV secolo nella Chiesa è invalso l’uso di elaborare delle formule che, in forma sintetica e di facile memorizzazione, esprimessero i precetti del Decalogo, ovviamente riletti alla luce del messaggio cristiano. Non si tratta di “altri” comandamenti, ma di semplici formule catechistiche per l’iniziazione cristiana, la cui funzione è semplicemente quella di esporre ai fedeli l’insegnamento morale del Decalogo come “attualizzato” alla luce del Vangelo.
Da questo punto di vista, la formula catechistica tradizionale “Non commettere atti impuri” (o “Non fornicare”, che fa riferimento agli atti sessuali tra un uomo e una donna liberi, non uniti in matrimonio) vale a mettere in evidenza che l’esigenza morale – di difesa dell’amore e in particolare dell’amore coniugale – sottesa al sesto comandamento non si esaurisce nell’adulterio, essendo diverse le forme di offesa all’amore realizzabili dall’essere umano contro il disegno voluto dal Creatore.
È lo stesso insegnamento di Gesù a muoversi in questa direzione, quando, nel discorso della montagna (cfr. in particolare Mt 5, 27-31), radicalizzando le istanze etiche sottese al sesto comandamento contro una lettura formalistica che si fermava alla “lettera” del precetto, ricomprende – nella comune condanna – il desiderio carnale verso una donna sposata (quale adulterio del cuore) e il divorzio (quale adulterio legale). Ma proprio perché l’amore coniugale, che la Legge di Dio intende difendere, è amore che comporta l’esercizio della sessualità, la Tradizione della Chiesa ha considerato il sesto comandamento come inglobante l’insieme della sessualità umana” (Bartolo Salone, La Perfetta Letizia, LPL News 24, 22/12/14 http://www.lplnews24.com/2014/12/benigni-e-il-sesto-comandamento-non.html).
[5] Un’azione può essere peccaminosa, una vita, non una donna, che sarà se mai peccatrice! Povero italiano!
[5b] Gran fesseria, perché ogni trasgressione, veniale o grave, di qualunque comandamento è peccato. Il Devoto così definisce il concetto: «Violazione dell’ordine morale, spec. in quanto motivo di condanna o di pentimento nell’ambito della legge e dell’esperienza religiosa».
[6] “Quella di aver “modificato la Bibbia” è una precisa accusa alla Chiesa della comunità evangelica e valdese e non è certo un caso che tra i “consiglieri” di Benigni vi sia stato il pastore valdese Paolo Ricca” (UCCR, 17/12/14).
[6b] Etimologicamente «dal lat. tardo fornicare, der. di fornix -ĭcis ‘arco, volta’, passato poi a significare ‘dimora di donne pubbliche, bordello’» (Devoto).
[7] “In pratica, secondo Benigni, la Bibbia tollererebbe non solo la masturbazione ma un po’ tutto quanto ruoti attorno al sesso, indipendentemente dall’essere sposati o meno, a patto non si commetta adulterio” (Marcia Roma Medjugorje).
[8] Non ci vuole molto a capire che il Benigni falsifica e racconta frottole per fare spettacolo: alla fine degli anni Sessanta l’espressione class action, che il Devoto riferisce nata nel 1997, nemmeno esisteva.
[9] Leggevo parole identiche in Oggi ho imparato a leggere, di Giacomo Marchi (pag. 34), ma a proposito del perdono: “Padre Daniel, alla Messa della domenica, diceva sempre che il perdono è la cosa che più ci avvicina e ci accomuna a Dio”. Più plausibile, anche perché non vedo come la sessualità possa accomunarci a Dio se non, forzatamente come fa Benigni, attraverso la sua funzione “creatrice”, che va, però, più pro-priamente qualificata come riproduttiva, dal momento che creare vuol dire produrre dal nulla.
[10] La citazione corretta è: “L’universo intero non vale il giorno in cui Israele ebbe il Cantico dei Cantici” (Rabbino del II secolo d. C.).
[11] Coniato dal nome della moneta comune dell’Unione europea e dal latino vorāre, divorare: che si nutre di denaro.
[12] Per quanto Benigni possa alludere in maniera goffa al parallelismo sposo-sposa Jahvè-Israele quale si può ben rilevare in Osea [che rappresenta il popolo d’Israele come “sposa infedele” per essersi dato al culto dei falsi dei del paganesimo cananeo (1Re 16, 30-35 e 18, 16-24; 2Re 10, 18-21 e 17, 13-16)], servendosi del tetragramma YHWH “Io sono colui che sono” (Esodo 3, 14) in modo arbitrario, come espressione della fedeltà dello sposo-Dio (“io ci sono, io ci sarò”), laddove esso vuole soprattutto filosoficamente e teologicamente porre l’essere divino come “essenza e necessità di natura” (La Sacra Bibbia, Milano, Casa Editrice Adriano Salani, 1961, p. 115).