di Desirée D’Anniballe
Se riuscissimo a liberarci dalle “rassicuranti” catene che ci costringono a guardare quelle ombre sul muro e trovassimo il coraggio di fuggire dalla caverna, ci renderemmo conto di essere parte di Qualcosa di immenso…
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Viviamo sotto una cappa di vetro opaco senza esserne consapevoli.
Siamo ancora rintanati nella caverna di Platone e convinti che quelle ombre che vediamo passare davanti ai nostri occhi siano autentiche.
Che la realtà sia questa, che sia tutta qui.
Ma il mondo fuori dalla caverna ci chiama. E’ come un pensiero martellante, che torna. Noi lo scacciamo, o, peggio, fingiamo di ignorarne la presenza. Tuttavia, quel mondo è lì, intorno a noi, in esso siamo immersi e crediamo di non (ri)conoscerlo.
Bramiamo di sapere, di conoscere la verità, abbiamo perso la nostra immortalità per questa sete implacabile di conoscenza. Eppure siamo dentro la verità e non vogliamo vederla. Essa ci si rivela ogniqualvolta ci domandiamo “è davvero tutta qui, la mia vita?”; ogniqualvolta una forza misteriosa ci spinge a partire, o anche solo a desiderare di partire, per vedere cosa c’è oltre i confini.
È in questi momenti e in questi desideri invano soffocati dalla coscienza, che il mondo fuori dalla caverna ci chiama più forte e la sua voce si fa persistente. Attimi in cui prendiamo consapevolezza del fatto che il mondo non può essere solo l’immediatamente percettibile. Qualcosa che sfugge ai nostri sensi esiste al di là, o al di sotto, di questa “patina” che quotidianamente percepiamo. Un Qualcosa che in orirgine ci apparteneva, con il quale eravamo un “Tutt’uno”, ma che abbiamo irreversibilmente (?) perduto.
E questa perdita è uno squarcio nella nostra anima. Un taglio che tentiamo goffamente di ricucire. Alcuni di noi posseggono ago e filo di efficienza pazzesca: per lunghi, lunghissimi periodi, quel taglio sembra addirittura scomparire. Ma poi basta un “niente” per far riemergere quel “Tutto” di cui abbiamo tanto terrore.
Perché ne abbiamo tanto terrore?
Forse perché riteniamo questa verità qualcosa di troppo più grande di noi. L’essere umano si è “arenato” nella convinzione della propria mediocrità.
Siamo diventati schiavi del tempo, del denaro, del sesso, del potere, e abbiamo dimenticato quanto di più grande c’è intorno a noi e, quindi, dentro di noi.
Dubito possa esistere una soluzione immediata a questa “tragica amnesia”, ma, se riuscissimo a liberarci dalle “rassicuranti” catene che ci costringono a guardare quelle ombre sul muro e trovassimo il coraggio di fuggire dalla caverna, ci renderemmo conto di essere parte di Qualcosa di immenso, di meraviglioso, e saremmo certamente più vicini al senso dell’esistere che continua imperterrito a sfuggirci.
Desirée D’Anniballe