di Paolo della Sala
Il critico Paolo della Sala recensisce il Saggio “O Dante o Benigni” sulle pagine del blog La pulce di Voltaire, riportando e condividendo alcune delle tesi principali sostenute dal volume di Amato Maria Bernabei.
______________________________
Sabato 21 Aprile 2012, 14:28 in cultura, Televisione di Paolo della Sala
Dante e Benigni: una specie di sacrario della nuova Italia colta e popolare.
Un libro smonta questo binomio, e lo ascrive tra gli errori culturali più gravi
e nella categoria del miglior business.
Premessa: qui non si vuole discutere del Benigni cineasta. A me piaceva quando dava spazio alla sua vena naturale toscana-boccacesca: in Johnny Stecchino, per esempio. Sono stato il primo estimatore in Italia di Jim Jarmush, che intervistai a Salsomaggiore Terme, dove aveva presentato i suoi primi due cortometraggi, e ho seguito con piacere il progetto successivo Daun bailò tra Jarmush, Benigni e le due grandi star della musica yankee John Lurie e Tom Waits.
In seguito però l’attore toscano ha assunto una vena seriosa, anche quando rivisitava il mito della Pantera rosa, con un humour che lascia basìti, e nel suo remake del Pinocchio di Collodi, considerato come uno dei più brutti film degli ultimi dieci anni. Era meglio quando era negligé, ma non di questo discuterò, bensì di un testo che mi è stato inviato in lettura dall’autore, Amato Maria Bernabei.
Il titolo sintetizza a perfezione l’argomento: O Dante o Benigni.
L’autore ha trovato alcuni spunti per il suo corposo e documentato volume (Arduino Sacco editore, 349 pp. corredato da un cd, 24,90 euro) in un mio articolo del 2005, in cui avvertivo con disagio alcuni errori nell’ostensione del Benigni come nuovo Vate dell’Italia. Il nodo fondamentale consisteva in questo: che Benigni leggeva la vicenda amorosa tra Paolo e Francesca come un inno all’amore alla Madame Bovary, dimenticando che così alterava il senso e il significato del messaggio poetico e teologico dantesco.
Più in generale, Benigni legge la Divina Commedia con una chiave boccaccesca e più pop che popolare.
Non ci interessa colpevolizzare lui, ma colpevolizzare un’Italia che ha smarrito le conoscenze culturali, sì.
Il tema è sempre quello “riferito da Ernesto Siciliano sull’impossibilità di divulgazione della cultura attraverso certe modalità televisive, le più consuete, che non dispongono di ritmi adatti all’apprendimento“.
Philippe Daverio ad esempio ha il tono e il ritmo giusto per promuovere la cultura artistica in Italia. Il suo Passepartout era un capolavoro, come lo è la sua nuova trasmissione che ha una missione fondamentale: farci capire che l’arte italiana è “anche” un capitale da valorizzare.
Invece Benigni è stato trasformato in un telepredicatore di tipo culturale, assumendolo in un’Accademia della Crusca che non esiste, quella dei bravi critici letterari e quella – inflazionata e autocontraddittoria – dei teologi laici.
Ora è chiaro che Dante può e dev’essere “interpretato”, nel corso di una lettura pubblica. Lo faceva col suo talento unico Carmelo Bene, ma senza alterare i versi con esegesi flashing ma sballate.
Bernabei inoltre compie un’operazione alla Stella e Rizzo: fa i conti in tasca a Benigni, per dimostrare che la sua è più un’operazione di marketing che di letteratura.
Premessa: dire che Celentano, Ibrahimovic o Benigni o Ferrara meritano i loro alti guadagni – perché fanno guadagnare la Rai o il Milan con le loro performances – è sballato. Potrebbe benissimo essere lo stesso argomento per ogni politico o deputato: “Ma come, guadagni 1800 euro al mese di stipendio, grazie al mio impegno per sostenere la tua azienda…”. Ecco cosa potrebbero dire i deputati.
Veniamo ai conti
Benigni ha incassato 2.500.000 euro per la prima serata di TuttoDante del 29 settembre 2007, in diretta su Rai Uno, e 5 milioni per le 13 puntate successive, registrate e “relegate” in seconda serata.
La durata del primo spettacolo fu di 2 ore e 40. La durata delle altre 13 trasmissioni fu di 75 minuti ciascuna.
Per il primo spettacolo Benigni guadagnò 15.625 euro al minuto, cioé 260 euro al secondo.
Per le altre puntate, il D’Annunzio televisivo guadagnò 5128 euro al minuto.
In totale erano 7,5 milioni di euro per circa 19 ore di prestazione.
Altro che i calciatori!, scrive Bernabei, visto che “nel 2008 David Beckham impiegava 4 mesi per incassare la stessa somma”.
Già, ma per quale spettacolo?
Bernabei coglie delle “perle poetiche” che ci riportano al Sanremo in cui Benigni agguantava Baudo alle sfere inferiori. Benigni spiega e recita la Divina Commedia, ma dice anche frasi come
“Può darsi pure che all’origine tutti gli uomini avessero tre o quattro piselli”
Con competenze linguistiche simili:
“Vede queste due che abbracciati vola e lui gli interessa queste due anime“. Che lingua è?
Populisticamente forse, ma ricalcando gli indignati (meritori solo antipolitici) alla Stella e Rizzo, Bernabei computa il tempo necessario a un lavoratore da 1500 euro al mese di stipendio, per guadagnare lo stesso compenso preso dalla Rai da Benigni per la sua versione dantesca: si tratterebbe di 1666 mesi di lavoro, cioè di 128 anni di tempo, per avere la stessa cifra ottenuta dal comico toscano in due ore e quaranta, il 29 novembre 2007.
Del resto a ogni Paese il suo, dalla classe di governo a quella culturale. Valentino e Vasco Rossi hanno ottenuto la laurea honoris causa. Benigni ne ha ottenute 8 (otto), mentre Massimo Cacciari, povero filosofo veneziano, si deve accontentare di una sola laurea honoris causa, per giunta in architettura.
Ora Benigni ha divulgato la Divina Commedia, presentandola però come Comedie humaine alla Balzac.
È un errore, c’è poco da dire, come dire che il Sole gira intorno alla Terra, cosa che tutti troverebbero più semplice, logica, “vera”, anche oggi, non solo ai tempi di Galilei.
Dopo di che l’autore di O Dante o Benigni passa ad analizzare, terzina su terzina, ciò che Benigni dice ai giovani e ai meno giovani telespettatori entusiastizzati dalla stampa in cui va avanti solo chi ha le competenze di Nikola Tesla, Einstein, Platone, Leonardo, San Francesco e Lorenzo il Magnifico messi insieme…
Cesare Lanza affermerà:
“Roberto Benigni merita il Nobel per la letteratura: la sua divulgazione di Dante ha un valore immenso, incalcolabile”.
Si veda come e quanto questi peana siano fuori luogo, nel confronto tra la lectio magistralis di Beigni e altre esegesi, tra cui quella di Natalino Sapegno.
Il che può essere occasione per riprendere in mano Dante Alighieri, la nostra vita, i nostri testi e così -semplicemente – tornare a riflettere, e pensare, con i nostri occhi e la nostra testa.
La tv occupa il nostro tempo. Noi volevamo invece liberarlo, liberarne una parte: respirare la vita e inseguire le nuvole, sulle rive di un mare tornato vuoto e vergine come nei nostri primi ricordi. È questa la Divina Commedia.
Paolo della Sala
http://lapulcedivoltaire.blogosfere.it/2012/04/o-dante-o-benigni-perche-le-star-tv-non-scandalizzano.html
Vedi pure: http://www.odanteobenigni.it/?page_id=34
______________________________
______________________________