di Amato Maria Bernabei

Con te… me ne starei seduto, in riva a un fiume, un greto solitario, nel rumore corrente dell’acqua che lava l’anima. In alto pioppi di opali tremolanti e pagine di cielo da sfogliare, tra voli e voli, tra soffi e nuvole… e i riflessi nel fiume. E parole, e parole… un fiotto di sorgente, un alveo, ed acqua di parole fino al mare che trema fra sabbia ed orizzonte, fino ai fondali del tuo cuore… E nessun altro e nient’altro… ma solo il balzo lesto delle ciglia sul vetro dei tuoi occhi e la tua meraviglia.

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Dove declina il sole è una silloge di 41 poesie d’amore pubblicata dalla Casa Editrice Libroitaliano, di Ragusa, nel 1998. Riporto di seguito la prefazione e tre liriche.

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Inquadrare un codice linguistico e semantico affi­dandosi ad una lettura (seppure attenta) di un te­sto poetico, per giungere ad un qualche risultato in grado di formulare un quadro tangibile della vi­cenda personale del poeta, é compito difficile.

La parola, specie in questo caso, gioca un ruolo di elaborazione degli archetipi nel contesto di una struttura trionfante di particolare bellezza, dove è evidente la formulazione di una metafora tesa a cogliere, talvolta, l’indicibile:

…trovo la figura

dove la strada piega al consueto giorno,

domani come ieri,

dove si spegne

l’attimo, ed invade il ritorno…

Vi é poi l’affluire di una immanenza e di un dire che scandisce i termini estremi di un verso. appa­rentemente inconsapevole, che riaccende conti­nuamente il fluire delle cose per cogliere la sugge­stiva testimonianza di un pensoso cammino di vi­ta. Amato Maria Bernabei parla della vita e dell’amore con un preciso tono affabulatorio, la sua poesia non segue l’evento dirompente dell’analisi, ma il riflusso del quotidiano, e dà alla pa­rola, la cognizione della libertà nel continuo con­fronto con i propri limiti, per garantire alla poesia l’assoluta certezza delle cose:

“Venisti quando ancora nell’acerba

luce filtra la vena della sera

quando l’estate di novembre teme

lo sguardo delle nebbie, meridiana

luna smarrita. La tua voce antica

avevo colto come una preghiera,

un richiamo per vivere…”

È una lirica dai toni riflessivi caratterizzata da una idea della vita visualizzata, i cui esiti, intensi, scandiscono i termini di una presenza forte e incisiva. La percezione dello scorrere del tempo in questa raccolta è pervasa da un senso di eterna meta­morfosi e di memorie che si accendono e si spen­gono, come il giorno e la notte nel fluire degli elementi. Amato Maria Bernabei, con questo li­bro, segna l’emergere efficace di un dialogo esi­stenziale, orientato al mito e alla leggenda e rac­chiuso in una bolla smisurata, dove sono conte­nuti gli stordimenti, le lacerazioni, che il confronto interiore comporta quando il sogno della poesia ci cresce fra le mani, come acqua in un estuario di memorie disattese:

La porcellana tenera di un viso,

fra le mie mani il canto più profondo

che intonava la vita,

all’improvviso

è inaridita…

La consistenza materica delle cose è rivolta a re­cuperare il mistero presente in un mondo di sim­boli che, talvolta, non riusciamo a comprendere, ma in questa raccolta la poesia interagisce col rit­mo, con una parola plastica la cui bellezza ci insi­nua in un nucleo di elementi fantastici che, attra­verso un viaggio di impercettibili mutazioni se­mantiche, ravviva la nostra ansia dialettica e ci pone domande:

–   E dove troverai le piane azzurre

    svelate

    come in argini di acquario,

    le sconfinate trasparenze

    al volo?

Al dì là di un immaginario rappresentabile in un contesto di registro individuale, non si può non cogliere il momento essenziale che riafferma la poesia come fede, la parola come elemento mu­tabile e drammatico che trasforma la vita, in un viaggio dentro una fuga che è simbolo e metafora, che è sangue e carne, e riaccende il lume minu­scolo di un individuo nell’universo.

Amato Maria Bernabei, quindi è un poeta la cui sensibilità valica, ancor prima di porsi davanti alla pagina per interrogarla, gli schemi precostituiti e gli inutili razionalismi, per lasciarsi trasportare dal desiderio della ricongiunzione col mondo, per cantarne la bellezza inusitata fino a denudarsi, a rendersi, egli stesso, filtro della consapevolezza che ogni uomo è redimibile attraverso la seduzio­ne della poesia:

Ti parlerò,

ti parlerò del tempo che non basta

se la tua luce brilla

se ti fa dolce il viso,

e accosterò carezze al tuo sorriso

finché avrò sangue nelle mani

fino al tramonto della vita.

In conclusione, non si può tacere che questa bel­lezza del canto e del dire, appare come sostenuta da un velato pudore, da una sorta di protezione incontaminabile rafforzata da una corazza dialet­tica che si risolve sempre in una decisiva formula­zione poetica che, se certamente rende il dettato di non facile lettura, premia ogni lettore che deci­de di entrare nel mondo di questo poeta.

Salvatore Fava

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–     Perché volavi  sul mio campo

         dove il sole tramonta?

         Tu sei farfalla della luce piena

         ed hai bisogno di mattini…

 

–     Ma il tuo tramonto ha più colori

         di un’estate,

         andàne

         lastricate di poesia.

 

–     E dove troverai quei fiori ardenti

         aperti come coppe

         al vino nuovo

         del giorno?

 

–     Avrò boccali profumati

         che si schiudono di sera

         e tremerò, sotto il velo di un’ombra,

         come una punta di candela.

          

–     Perché tu voli sul mio campo

         dove il sole tramonta?

 

–     Perché voglio le tinte un po’ bruciate

         dei tuoi pennelli

         e gli scenari morbidi all’incanto…

 

–     Tu sei farfalla della luce piena

         ed hai bisogno di mattini…

 

–     Tu tingi il sole di acquerelli

         e l’anima di canto.

 

–     E dove troverai le piane azzurre

         svelate

         come in argini di acquario,

         le sconfinate trasparenze

         al volo?

 

 

–     Mi basterà tremare dentro un’ombra

         come una punta di candela…

         sentire le tue dita che non sento

         e vanno più profonde,

         e sono vento…

         mi basterà la pelle di un bocciolo

         tardo ad aprirsi

         e di velluto eterno.

         Mi basteranno tutte le parole

         che mi sussurri al bordo della sera,

         e l’altalena lenta di viole

         che dondola

         fra un sogno e una preghiera.

                    Peraga,  28 Dicembre 1996

  

 

 

Ci siederemo

sulla sabbia di un sogno,

dove hanno tagliato

i contorni del mondo

e l’infinito

è straripato.

 

E guarderemo il mare

come quando ci entriamo

negli occhi

e siamo oceano.

 

Ti parlerò

e sarò l’acqua che respira…

e tu che ascolti

già diventi riva.

 

Ci siederemo

lungo la striscia d’oro dove il mondo

è finito,

dove si ferma il pendolo che lancia

da bocche estreme

raggi ed ombre

e la fiamma del sole è una candela

che spegni a un soffio,

accendi con la mano,

dove spargi la notte con le dita.

 

E sentiremo il mare

come quando

si scioglie l’onda del nostro silenzio

se ci guardiamo…

 

Non sveglierò la luna:

voglio vedere stelle

ad una ad una

cadere

dai tuoi occhi.

                    Peraga,  12-14 Gennaio 1997

 

 

Mi dici

che lo splendido impossibile

è impossibile,

mentre il cuore è negli occhi

e ti smentisce

e guardi

come chi abbraccia l’indistinto

dei desideri

e si smarrisce.

 

Per quello sguardo

e per sempre

io sarò

all’angolo dei tuoi mari profondi

e lancerò detriti di conchiglie

all’onda,

fantasma dell’azzurro…

sorriderò quando sorridi

e poserò la mano

al tuo dolore.

 

Per quello sguardo

e per sempre io sarò

l’eterno vagabondo

delle tue spiagge,

in cerca del tuo cuore,

candido come l’anima che cerca

tesori fra le alghe.

 

E dormirò sfiorato dalla schiuma

delle tue notti,

e fino al giorno chiaro

che riaccende il colore

dei tuoi occhi.

 

Per quello sguardo

e per sempre.

                    Peraga,  30 Gennaio 1997

 

Amato Maria Bernabei

Apri e salva: Dove declina il sole, tre poesie d’amore

One thought on “Dove declina il sole – Tre poesie d’amore

  1. Complimenti per le poesie! Credo sia importante imparare a guardarci dentro e parlare a noi stessi di ciò che sentiamo, cosa proviamo, e chi e cosa vorremo essere, se non ci piacciamo. Quando si scava in profondità scopriamo cose belle e brutte, ma l’importante è scoprirle e regalarle a chi non ci conosce. Cosa potremmo mai dire, se non ci conoscessimo veramente, alla persona che desideriamo conquistare? Una frase copiata da altri?
    Paolo.

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